di Alpaca_viola_04
All’Università di Roma, due ragazze, Agata e Giada, sono due neo-studentesse di biologia che compiono diversi esperimenti di ricerca sugli insetti (mosche, formiche, falene, locuste, cavallette, ragni, ecc.) modificandoli geneticamente. Solo successivamente, e a caro prezzo, Agata verrà a conoscenza degli svariati effetti collaterali che quegli esperimenti potevano avere sugli animali. In alcuni casi, questi, si trasformavano in mostri giganteschi, mutanti dalle sembianze spaventose, in altri sviluppavano uno strano linguaggio, e in altri ancora gli esiti negativi delle ricerche conducevano alla morte subitanea dei piccoli animali. Un giorno Agata, recatasi nel laboratorio così come era solita fare tutti i giorni, fu spettatrice di una scena orripilante: vide due strane creature aliene stese sul pavimento e passate a miglior vita. Per poco non svenne dalla paura. Cominciò a porsi tutta una serie di domande: “Da dove vengono questi alieni? che cosa ci fanno qua? Come sono giunti sul nostro pianeta?”. Curiosa di saperne qualcosa in più decise di esaminare quelle strane creature. Con fermezza e sangue freddo, afferrò una siringa e prelevò un campione di sangue. Fremente e al tempo stesso emozionata dalla situazione, mentre si dirigeva verso il laboratorio analisi, inciampa lasciando cadere la boccetta che si rompe e in una pozza rossa di sangue si sparge il liquido tutto in terra. “Accidenti” – disse, e mentre cercava di rialzarsi da terra, finì con le mani su qualche pezzetto di vetro. Sentì un gran dolore e prontamente si andò a sciacquare la ferita. Agata tornò a casa frastornata da mille pensieri per la scena degli alieni a cui aveva assistito, ma non rivolse particolare attenzione all’episodio del pezzo di vetro col quale si era ferita la mano. Il giorno dopo, quando Agata si alzò dal letto, notò immediatamente delle strane macchie sulle braccia. “Cosa sarà mai? mio Dio, ma perché ho le braccia squamose?”. Corse in bagno, si diresse verso lo specchio e si guardò meglio. Non aveva solo le braccia squamose, ma anche le gambe e la schiena. Si spaventò molto e per nascondere le squame decise di coprirsi il più possibile, per cui indossò una maglia a maniche lunghe, dei pantaloni lunghi e degli stivaletti, per poi dirigersi all’università. Era convinta che lì avrebbe trovato la risposta che cercava. Una volta arrivata incontrò Giada che le corse incontro. - Ciao Agata! Perché sei tutta coperta? – esordì sorpresa Giada. - Ehm… perché sento freddo – rispose Agata, un po’ tentennante. - Ma siamo in primavera, come fai ad aver freddo? Ci sono 23 gradi. - Beh, io sento freddo e voglio coprirmi, va bene? Interrotto così bruscamente il discorso, le due amiche continuarono a eseguire i loro soliti esperimenti. Agata, al termine delle lezioni universitarie, non essendosi ancora capacitata di quello che le stava accadendo, tornò di corsa a casa perché temeva che qualcuno potesse fermarla e farle delle domande invadenti sul suo abbigliamento. Arrivata finalmente a casa, corse in camera sua e si chiuse dentro, prese lo specchietto e si guardò un’altra volta, più dettagliatamente. Si accorse di due strane escrescenze sulla testa, sembravano due piccole antenne, la pelle era di un colore diverso, verdastro. Si stava trasformando. Impaurita e presa dal panico, il cuore cominciò a batterle all’impazzata, quando all’improvviso comparve un nuovo sintomo, iniziò ad avere degli strani problemi di linguaggio. “Adedi ho capito! Del bingue balieno sarà enbrado nel mio corpi quando bono caduti!” (Adesso ho capito! Del sangue alieno ha contaminato il mio corpo quando sono caduta!). Di nascosto, ben coperta, facendo in modo che nessuno, vedendola, potesse notare quelle stranezze, scese le scale e si avviò verso la porta d’ingresso, ma all’improvviso la mamma urlò: “Dove stai andando Agata?”, Agata le si avvicinò, prese carta e penna e scrisse «VADO DA GIADA A RESTITUIRLE UN LIBRO». - “Perché lo scrivi, non puoi parlare?” la mamma disse. - “No, non posso parlare perché ho mal di gola e preferisco riguardarmi”. - “Ah, va bene, comunque vai pure, ma devi essere a casa per le h. 19:30. Siamo intesi?”. Ovviamente, quello che scrisse Agata non era vero. In realtà voleva recarsi al laboratorio universitario con la speranza di creare un siero che avrebbe annullato la sintomatologia da cui era stata colpita. Non era la prima volta che realizzava antidoti. In passato aveva ideato tante cure per diverse malattie, la maggior parte delle volte funzionavano, in altri casi però, sfortunatamente, non avevano esito positivo. Arrivata al laboratorio, già aveva chiaro in mente cosa fare: prese una siringa, prelevò un secondo campione di sangue alieno, questa volta facendo molta attenzione a non cadere, e lo iniettò in un insetto. Lentamente, la bestiolina cominciò a avvertire gli stessi sintomi riscontrati da Agata (comparsa di squame e antenne, per di più l’insetto cominciò ad assumere dimensioni anomale). A quel punto Agata cominciò a preparare l’antidoto. Munita di svariati medicinali antibiotici e sieri, come una piccola scienziata, cominciò a maneggiarli facendo bene attenzione a misurare le dosi. In un’ampolla ben sterilizzata creò questa poltiglia ed esclamò fiduciosa: “Ebbo! Ora vebiamo be buonziona! (Ecco! Ora vediamo se funziona!). Iniettando l’antidoto nell’insetto, Agata con grande stupore e contentezza capì immediatamente che il rimedio stava funzionando. La bestiolina assunse le sue dimensioni originarie e anche Agata, ripetendo la medesima procedura, tornò la ragazza di una volta.
2 Commenti
Bolladisapone
12/3/2017 05:57:56 am
Mi piace l'idea delle squame e il fatto che la protagonista faccia esperimenti sugli insetti.
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CUOREINFUOCATO
12/5/2017 06:14:01 am
Racconto davvero divertente e mi piace l'idea di fondo.
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Autore3B Archivi
Gennaio 2018
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