di Cuoreinfuocato
Dopo l’innalzamento del livello dei mari, la crosta terrestre era stata sommersa e gli uomini, per mezzo di tute, che garantivano la respirazione sott’acqua, vivevano in fondo al mare. Giorno 1 E’ quasi una settimana che vivo con la mia famiglia sott’acqua. L’oceano è stato diviso in 3000 distretti, tutti perfettamente uguali e con lo stesso numero di persone. Noi viviamo nel distretto numero 47 dentro ad una struttura fatta di corallo. Non si può chiamare “casa”: è una grandissima stanza con circa 10 famiglie. Non c’è una cucina, non ci sono i letti. Dormiamo per terra, non ci facciamo mai una doccia. Questa situazione mi fa saltare i nervi. Ogni giorno persone incaricate vengono a portarci del cibo. Ma, un attimo...non è cibo, è solo un ammasso di pesci spezzettati viscido e umido... mi fa vomitare. Per mangiare non si deve solamente aprire la bocca, ma bisogna incastrare un tubo metallico in un’apertura della tuta, dopodiché si inserisce il cibo nel tubo e si mangia. E’ una cosa impossibile, e con questo non mi viene proprio voglia di mangiare. L’unica cosa che amo fare è scrivere su un diario. E’ fatto di un materiale che, diversamente dalla carta, non si scioglie sott’acqua. Ci hanno detto di non uscire dalla nostra “casa” perché non sappiamo contro che cosa potremmo trovarci, ma adesso basta, sono qui da sette giorni, rinchiusa... voglio uscire. Senza farmi vedere da nessuno sono uscita. Non ero mai andata fuori e non mi sono mai trovata in una situazione di disorientamento. Tutto, là fuori, era strano, quasi triste. C’erano solamente grandi strutture, avevano sradicato quasi tutte le piante marine per costruire “case”. Non c’era più niente. Gli esseri umani mi facevano pena. Quando rientrai, i miei genitori erano lì che mi aspettavano, mi hanno sgridato talmente tanto che sarei voluta uscire e non tornare più...non sopportavo più questa situazione, pensavo che almeno loro mi capissero, ma mi sbagliavo. Giorno 2 Ogni giorno uguale a un altro, con la differenza che oggi non posso uscire perché papà mi tiene sotto controllo. Oggi sono andata a “scuola”, ma mi sembra strano chiamarla così. Ho scoperto che l’edificio accanto alla mia “casa” è la scuola del mio distretto. Quando sono entrata, l’ambiente mi è sembrato freddo: i banchi e le sedie, se si possono chiamare così, sono dei blocchi di marmo talmente pesanti che non si possono spostare. Sono scomodissimi. Su ogni banco c’è un computer che funziona in acqua e rimane carico fino a quando c’è abbastanza ossigeno in essa. Quando il professore è entrato aveva un aspetto cupo e per quasi tutta la lezione non è riuscito a parlare per il disagio. Si sentiva male, non se l’aspettava così la scuola, era così diversa, era cambiata… All’ora di cena avevo una fame inarrestabile, era una settimana che non mangiavo, così mi decisi. “Mamma, c’è un po’ di pesce?” “Quando stai per morire, però, lo vieni a cercare, eh! Non si fa così...tutti i giorni c’è gente in altri distretti che muore perché non ha il cibo e non può neanche chiederlo e tu ti permetti di venire qua e chiedere se c’è il cibo? Ho litigato con te per farti mangiare e adesso lo vuoi, solo quando decidi tu di volerlo…” “Ma... mamma, io…” “Stai zitta! Non pensare di avere ragione, vai a letto subito!” “...” Mi rispose così... anche lei era cambiata. La mamma per nulla al mondo mi avrebbe risposto così, non era da lei, le era successo qualcosa, sicuramente… Giorno 3 Oggi mi sono svegliata presto, avevo fame e ho approfittato perché tutti ancora dormivano: sono andata fuori a ripescare qualcosa dal bidone. Avevo trovato qualche avanzo di pesce, mi misi il tubo e iniziai a mangiare...mi sentivo un po’ meglio. La cosa che non sopportavo era non aver fatto la doccia per una settimana, mi sentivo sporca, sudicia. Avrei vissuto, come tutti gli altri esseri umani, la vita senza lavarmi, perché se mi fossi tolta la tuta non avrei avuto più l’ossigeno e sarei morta. Ma io volevo morire... non potevo resistere, non in quella situazione... la soluzione ce l’avevo lì, dovevo solo togliermi la tuta, dovevo solo tagliarla... non era una cosa difficile. Nonostante avessi voluto non l’ho fatto, non avevo il coraggio. Sono andata a scuola, accompagnata dal papà, a piedi. In quella classe cupa, tetra, sembrava che al professore fosse successo qualcosa, ma... cosa? Stava impazzendo: correva fra i “banchi” agitando le braccia, come una gallina agita le ali... era veramente impazzito. Ha iniziato a parlare, ma diceva cose insensate: “Ragazzi, pazzia, la rivolta, devo fare una rivolta... non si può andare avanti così! Non guardatemi, mettete la testa sul banco e basta!”. Faceva paura… Secondo me la rivolta l’avrebbe fatta davvero, era veramente impazzito. Alla fine della lezione sono tornata a casa. Anche là, l’aria era tesa, quasi strana. La mamma era agitatissima e idem mio padre. Ho provato a chiedere cosa stava succedendo, e loro, stranamente, mi hanno risposto: “Siediti cara, dobbiamo parlarti. Questa mattina, mentre tu eri a scuola, sono venuti degli incaricati dal presidente e ci hanno detto che sta arrivando una catastrofe, alcune persone si stanno ribellando, perché sono stanche di questa situazione. Domani non andrai a scuola perché hanno paura che i rivoluzionari siano anche nel nostro distretto, non sono sicuri di niente…”. “Mamma, io proprio di questo volevo parlarti…” “Dimmi, forza. Ti ascolto”. “Allora, oggi, il professore era strano, molto… Ha iniziato a dire parole senza senso. Diceva che avrebbe voluto fare una rivolta perché si sentiva male, e poi sudava... non ho mai visto una persona così. E poi, la cosa che mi preoccupa è che io la penso allo stesso modo: non posso resistere così, non posso neanche fare una doccia e il cibo non mi piace.” “Figlia mia, tu non devi sentirti così, ma è normale che ti senta diversa, cambiata. Il nostro mondo è cambiato, ma vedrai che andrà tutto bene. Noi ci siamo se hai bisogno, lo sai, vero?” “Certo che lo so, però ho una strana sensazione, per la prima volta nella mia vita ho vergogna, non è normale che il mondo sia cambiato così tanto in così poco tempo...e poi vi devo dire un’altra cosa: stamattina ero quasi tentata a s... su…” e mi misi a piangere. “Dicci, cara, dicci... non piangere.” “Beh, stavo dicendo che volevo suicidarmi…” Non riuscivo a parlare, ma dovevo, dovevo liberarmi di tutti quei pensieri che mi frullavano in testa. “Ma... io sono senza parole, tu sei una così brava ragazza, sei fantastica, hai t…” “Non è vero mamma,” dissi piangendo “io non sono fantastica, sono uno schifo, non sono niente!” e corsi via. Mi gettai sul letto, con la faccia sul cuscino, a piangere... non resistevo... (continua...)
2 Commenti
Stella, Lokino, Perla, Bolladisapone
11/21/2017 03:21:54 am
Il racconto, secondo noi, è scorrevole, ricco di inventiva, creatività ed è coinvolgente. Descrive bene il paesaggio ed è bella l'idea di vivere nell'oceano. Riesce a trasmettere l'angoscia e la tristezza della protagonista.
Risposta
Nanadagiardino
11/23/2017 01:49:39 am
Il racconto a mio parere è veramente bello, coinvolgente e scritto in un modo che riesce a far sentire il lettore/la lettrice parte del racconto. E' un'idea bella e sviluppata bene. Complimenti.
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Autore3B Archivi
Gennaio 2018
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